In questo contenuto extra, scoprirete qualcosa in più.
Le Scuole di Base includono le
elementari e le medie. Si trovano nella piazza principale di Malorai,
assieme al liceo e all'edificio comunale.
Lilac Zinna è una delle prime bambine
ad arrivare, accompagnata dalla nonna Francesca.
Indossa un vestitino verde smeraldo,
largo alla base e privo di maniche. A coprire le braccia c'è il
golfino blu che Francesca ha creato col suo cilindro assieme al
vestito e alle scarpe.
“Nonna,” dice Lilac mentre scende
dalla biposto. “Sei certa che il mio tablet sia carico, vero?”
“Certo,” risponde Francesca. “Ho
cambiato la batteria ieri sera, e comunque ne ho sistemata una di
riserva nella sacca.”
Francesca fa il giro dell'auto e le
porge la sacca lilla che contiene il suo tablet (un modello nuovo,
che Lilac ha ricevuto in occasione del suo compleanno), una
bottiglietta d'acqua e un blister di pillole a basso contenuto
calorico, qualora Lilac avesse fame durante le lezioni.
La bambina si guarda attorno con gli
occhi attenti mentre cammina con sua nonna verso l'ingresso della
scuola che dovrà frequentare per i prossimi quattro anni. E'
emozionata, ma la mano di Francesca chiusa attorno alla sua le dà
coraggio.
All'ingresso, le due trovano altre
bambine, alcune di esse accompagnate da donne adulte. Lilac osserva
le sue coetanee, indugiando su quelle che saranno le sue compagne di
classe. Scruta i loro vestiti, stirando con la mano la gonna del suo,
e osserva le pettinature di tutte, chiedendosi se i suoi capelli
sciolti siano perfetti oppure si siano rovinati durante il tragitto
nella biposto.
Una delle insegnanti si avvicina a
Francesca, e le stringe la mano. Le due parlano, mentre Lilac
continua ad osservare le bambine. Una di loro la saluta, e Lilac
ricambia: è Haula, la figlia del sindaco Jamal. Vivono a pochi metri
l'una dall'altra, e sua madre è (come tutte le donne di Malorai) una
cliente della farmacia.
“Francesca!”
La nonna e Lilac si voltano
contemporaneamente verso l'ingresso, richiamate dalla voce squillante
di
una donna bionda che cammina verso di
loro. Dietro di lei, intenta a sistemare sulle spalle un vistoso
zaino giallo, c'è una bambina.
Lilac la riconosce subito, e non è per
nulla felice di vederla.
“Juliette, eccoti!” dice Francesca,
andando incontro alla donna per darle due baci sulla guancia. “E tu
come stai, Margot?” chiede poi alla bambina, appoggiandole una mano
sul capo. “Sei pronta per questo primo giorno?”
“Prontissima!” esclama Margot,
facendo un passo in avanti. “Mi sono svegliata alle quattro, vero
mamma?” Si gira a guardare la madre, da cui ha preso il colore dei
capelli e quello degli occhi, e Lilac non può fare altro che provare
la solita ondata di fastidio nei suoi confronti. Margot e Juliette
frequentano spesso la farmacia della nonna, e in più di un'occasione
la bambina ha cercato di giocare con lei.
A Lilac, però, i suoi modi non
piacciono. Margot parla velocemente, come se non fosse mai capace di
fermarsi. Lilac, invece, è posata, riflessiva, quasi lenta rispetto
all'altra. Ogni volta che Lilac ha proposto un gioco da fare insieme
(più per accontentare Francesca che per voglia di partecipare)
Margot ha sempre trovato il modo per cambiare le regole. L'ultima
volta in cui si sono ritrovate a giocare all'esterno della farmacia,
Margot le ha perfino graffiato la biposto a pedali.
Ora le due bambine si guardano, mentre
Juliette e Francesca parlano, e se Margot è elettrizzata come al
solito, Lilac se ne sta ferma, indietro di qualche passo rispetto
alle tre donne.
Margot solleva una mano per salutarla,
e le sorride.
Lilac scopre, così, che le mancano due
denti, gli incisivi inferiori.
A lei non è ancora caduto nessun
dente, e per questo prova quasi una punta di invidia nei confronti di
Margot.
Spero che non capiti nella mia
classe, pensa la bambina dai capelli rossi.
Le speranze di Lilac sono inutili.
Non solo Margot capita nella sua stessa
classe, ma la signora Giorgini, la loro insegnante, decide di
sistemarle nello stesso banco.
**
Lilac non potrebbe essere più
arrabbiata. Considera Margot una pessima compagna. E' disordinata,
rumorosa. Parla durante le lezioni, guadagnando almeno un rimprovero
al giorno, ed è una continua fonte di distrazione.
Come quando ha portato a scuola colori
e quaderni e ha passato la giornata ad utilizzarli al posto del
tablet, finendo per distrarre le bambine che non conoscevano i
pastelli e quelle che volevano a tutti i costi usarli con lei.
O come quando ha smontato il tablet per
cambiarne la batteria, chiedendo all'insegnante una pausa, altrimenti
non avrebbe mai potuto compiere contemporaneamente due operazioni
importanti come ascoltare e cambiare la batteria.
O come quando ha convinto una delle
bambine a parlare per tutto il giorno pronunciando le parole al
contrario, dicendole che così facendo la signora Giorgini le avrebbe
dato un voto più alto.
Ogni mattina, Lilac entra in classe
sapendo che per le cinque ore successive dovrà sopportare la
maleducata euforia e il disordine della sua compagna di banco.
Ha provato a cambiare posto, ma sembra
che nessun'altra bambina voglia sedere accanto a Margot. Ne ha
parlato anche a Francesca, sperando che la nonna potesse intercedere
con l'insegnante, ma è stato inutile. “Perché non provi ad
esserle amica, invece?” ha detto la nonna.
Amica di una bambina matta da
legare? No, grazie.
**
“Vuoi colorare con me?” chiede
Margot un giorno, durante l'ora di Svago.
Lilac alza la testa dal tablet su ci
sta leggendo un brano in inglese e osserva il disegno che l'altra le
mostra. Un banco, due bambine, una con i capelli rossi e l'altra con
i capelli biondi. Sulle loro teste sono scritti, in maiuscolo, i nomi
MARGOT RIFORD e LILAC ZINNA.
“Ti piace?” insiste Margot,
appoggiando il colore azzurro sul banco, in mezzo agli altri (a
Margot piace seminare le sue cose sul banco, approfittando di ogni
centimetro libero). Solleva il foglio davanti agli occhi di Lilac, e
ripete la sua domanda.
“Perché non disegni col tablet?”
chiede l'altra in risposta.
“Perché non mi piace.”
Lilac le invidia la capacità di
parlare chiaramente nonostante le manchino due denti.
“Allora, vuoi colorare con me?”
chiede Margot. “Dobbiamo fare il cielo, il sole e gli alberi.”
Lilac osserva il disegno, e poi il viso
tondo della sua compagna di banco. “Ma qui non ci sono gli alberi.
Siamo in classe, non lo vedi? Devi disegnare le pareti, gli altri
banchi e la signora Giorgini. Non gli alberi.”
Margot sembra offesa dalla riflessione
di Lilac. Osserva il foglio bianco colorato in malo modo per qualche
secondo, prima di appoggiarlo di nuovo sul banco, davanti a sé.
“Questo è il mio disegno,” dice sottovoce. “Posso disegnare
ciò che voglio.”
“Come ti pare,” ribatte Lilac.
Allunga il braccio sinistro come a dividere il banco a metà, e
abbassa gli occhi per continuare la lettura.
“Come ti pare,” ripete Margot,
scimmiottando la sua voce.
**
Due mesi dopo l'inizio delle lezioni,
accade una cosa mai successa prima: Lilac arriva in ritardo.
Francesca si trattiene più del
necessario a casa di una paziente ammalata che ha richiesto la sua
assistenza, e per questo Lilac arriva a scuola quando le sue compagne
sono già sedute e intente a scrivere sui tablet.
Dopo aver superato l'imbarazzo iniziale
causato dagli sguardi meravigliati delle bambine (Lilac Zinna che
arriva alle nove invece che alle otto? Non è possibile!), Lilac va a
sedersi al suo solito posto ed è sorpresa quando nota che, a
differenza delle altre, Margot non sembra affatto notare il suo
ritardo.
Se ne sta seduta in maniera composta
(un altro avvenimento mai successo prima, di solito Margot ama
starsene seduta a gambe incrociate), con la testa abbassata sul
tablet. Il banco è ripulito da penne, quaderni e colori.
“Ciao,” dice Lilac e, forse per la
prima volta dall'inizio delle lezioni, lo fa spontaneamente e non
perché si sente obbligata a mostrarsi educata.
“Ciao,” mormora Margot, senza però
alzare gli occhi.
Le ore passano. Lilac tira fuori il suo
tablet ed entra subito nella lezione, rispondendo quando l'insegnante
fa una domanda e mostrandosi una delle bambine più preparate.
Margot, invece, rimane silenziosa per
tutto il tempo.
E quando arriva l'ora di Svago, Lilac
decide di nuovo di parlarle.
“Oggi non disegni?” le chiede,
voltandosi completamente verso di lei.
Margot risponde scuotendo il capo.
Lilac resta a guardarla, notando come i
suoi capelli siano arruffati. Nonostante sia disordinata e ami
abbinare i colori più assurdi nei vestiti che indossa, Margot non
manca mai di pettinare i capelli.
Lilac sospetta che sia Juliette ad
occuparsene. Più che altro lo spera, visto che lei stessa non ha
ancora imparato a sistemare i suoi capelli rossi. Ogni mattina ha
bisogno dell'aiuto di Francesca per acconciarli.
“Perché mi guardi?” dice Margot.
Sposta la testa per lanciarle un'occhiata, e sembra quasi che
arrossisca.
“Perché non disegni?”
“Perché non mi va.”
Il tono brusco e duro con cui le
risponde, fa quasi paura a Lilac. Margot non è mai stata sfacciata
con lei.
Lilac fa per girarsi, decisa a
continuare la lettura in inglese e ad ignorarla come fa ogni giorno,
ma ciò che Margot sussurra la trattiene dal farlo.
“E' stata Valerie.”
“Come?” chiede Lilac. “Valerie?”
Si gira a guardare la bambina con i
capelli castani seduta in prima fila, ma Margot la tira per il
braccio. “Non la guardare, altrimenti tirerà i capelli anche a
te.”
“Ti ha tirato i capelli?” chiede
Lilac allargando gli occhi. “Perché?
Margot scrolla le spalle e abbassa la
testa.
“Perché?”
Niente.
“Allora? Perché?” chiede, con voce
più insistente.
Margot unisce le mani fino a farsi
diventare i palmi bianchi. Le porta entrambe sotto il banco, prima di
girarsi verso Lilac. “Prometti di non arrabbiarti se te lo dico? E
di non tirarmi i capelli?”
Lilac annuisce subito, anche se le
richieste di Margot le sembrano assurde.
“Quando ha visto che non arrivavi,”
inizia sottovoce, “Valerie si è seduta al tuo posto e ha detto che
avevi deciso di cambiare classe perché io sono antipatica. Io le ho
detto che non è vero, e lei ha detto che era vero, visto che anche
tutte le bambine lo pensano. Hanno detto che sono antipatica,”
continua, abbassando gli occhi. Intreccia le dita e le stringe forte.
Quando alza la testa, inspira profondamente, e Lilac si rende conto
che sta tremando. “Valerie ha detto che è perché io ho una mamma
e tu no. E poi mi ha tirato i capelli, mi ha ti-tirato il fiocco e
poi l'ha b-buttato.” Margot fa una pausa, si strofina gli occhi.
“E' vero che volevi andare in un'altra classe? E' vero che ti sono
antipatica?”
Lilac non sa cosa dire. E' combattuta,
e attraversata da mille emozioni e pensieri. Vorrebbe alzarsi e
andare al banco di Valerie per tirarle i capelli come ha fatto con
Margot. Vorrebbe dire alla sua compagna di banco che un po' di
antipatia per lei la prova, ma solo perché riempie il loro banco di
cose inutili e perché cerca di distrarla in continuazione.
Più di tutto, però, Lilac è
sorpresa. Non ha mai visto Margot così timorosa, così abbattuta,
così spaventata.
L'idea che creda a delle bugie cattive
non le piace, ed è per questo che scuote il capo con forza.
“Sono arrivata tardi perché mia
nonna ha fatto tardi. Valerie ha detto una bugia.”
Il viso di Margot riprende
immediatamente il suo colore luminoso. “Sul serio?”
Lilac annuisce. “Non voglio cambiare
classe. Questa mi piace.”
“E io sono antipatica? Fai sempre le
facce strane quando mi metto a disegnare. Ti ho vista,” dice
l'altra bambina, abbassando di nuovo la testa.
“Non è vero,” si affretta a dire
Lilac. “Prometto che non le faccio più.”
“Allora le facevi.”
“No. Non sempre. Ogni tanto. Solo una
volta. L'ho fatto solo una volta,” insiste, sollevando il dito
indice per mostrarle che fa sul serio.
Margot scioglie le dita e prende a far
dondolare i piedi lentamente.
Quando sorride, mostrando lo spazio fra
i denti, Lilac sa che tutto è passato.
**
Il giorno dopo, come ogni giovedì, la
signora Giorgini sta per dare il via alla lezione in cui illustrerà
alle allieve gli oggetti del passato non più in uso. Finora le
bambine hanno imparato cos'era un autobus, com'erano fatte le fragole
e in che modo si acquistavano i vestiti prima del cilindro.
Oggi la lezione riguarderà il pane e
la pasta.
Margot e Lilac, entrambe con i
rispettivi tablet fra le mani, si scambiano sguardi timidi.
La prima non è del tutto convinta che
Lilac non provi antipatia nei suoi confronti.
La seconda si sente un po' in colpa per
ciò che è accaduto fra Valerie e Margot. Pensa che se si fosse
sforzata di esserle amica, come sua nonna aveva suggerito fin
dall'inizio, Margot non avrebbe dovuto sopportare la prepotenza di
Valerie.
“Andate alla scheda dedicata al
pane!” esclama l'insegnante, chetando con severità il vociare
delle alunne.
Margot e Lilac fanno scorrere le dita
sul tablet, fino a trovare l'immagine giusta.
Le foto dei diversi pani sono
accompagnate da brevi didascalie, in francese e in inglese.
Mentre la Giorgini introduce il cibo a
base di acqua e farina, Lilac ascolta e osserva le immagini.
Margot, invece, continua a far scorrere
il dito sul tablet, visualizzando nuove foto. Anticipando, di fatto,
le istruzioni dell'insegnante.
Lilac vorrebbe dirle di non distrarsi,
ma sa che non servirebbe a molto. Ha provato diverse volte a farle
seguire la lezione, ma è stato inutile.
“Guarda qui!” esclama ad un tratto
Margot. “Guarda, Lilac!”
Margot sposta il suo tablet al centro
del banco e indica col piccolo dito indice una foto ad alta
risoluzione. “Questo pezzo di pane mi somiglia. E' sottile, e io
sono sottile. E' francese, e io sono francese. E' simpatico, e io
sono molto simpatica. Me l'ha detto la mia mamma,” aggiunge in un
soffio. “Quasi quasi potrei farmi chiamare così,” continua verso
Lilac. “Baguette.” Unisce le sopracciglia come per riflettere.
“Tu conosci qualche Baguette per caso?” le chiede con tono serio.
Lilac fatica a seguire il suo discorso,
ma fa segno di no con la testa.
“Ok, allora da oggi puoi chiamarmi
Baguette.”
E' il tono importante e solenne con cui
lo dice che fa scattare in Lilac una risata. Forte e spontanea, in
grado di cancellare ogni freno e di far nascere in lei, finalmente,
la spensieratezza tipica di una bambina di sei anni.
E quando la signora Giorgini chiede a
Lilac perché si è distratta, è Margot a prendere la parola.
Spiega la sua decisione di cambiare
nome, e di scegliere quello di un pezzo di pane che tanto le
somiglia. L'insegnante prova a liquidare la sua trovata e a
riprenderla, ma Margot insiste fino ad alzarsi in piedi. Descrive nel
dettaglio tutti i tipi di pane presenti sul tablet e arriva alla
conclusione che solo la baguette può rappresentarla.
“E' il mio simbolo,” dice, “l'ho
deciso adesso, e sarà così per sempre.”
Alcune bambine, fra cui Valerie,
iniziano a prenderla in giro.
La signora Giorgini scuote il capo
rassegnata e le chiede di sedersi.
Lilac, però, continua a ridere.
“Tu puoi essere Rosetta se vuoi,”
dice Margot, accomodandosi e riprendendo a far scorrere il dito sul
tablet. “Ti piace?” chiede, mostrandole la foto di una rosetta.
“Non esistono pani rossi con le lentiggini, altrimenti... No,
aspetta! Ne ho visto uno con sopra i cereali! Possiamo trovare un
nuovo nome anche a te, ok? Lilac?”
Ma Lilac continua a ridere. Seriamente
rapita, per la prima e di certo non per l'ultima volta, dalla sua
nuova amica.
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